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Ernesto c’é

Si va al ballottaggio, a Canosa, con tante speranze ed un bel po’ di sogni nel cassetto. Non accadeva da dieci anni che la coalizione di centrosinistra riuscisse in un intento sul quale in pochi avevano creduto. Ma ora inizia il momento più difficile.

Il risultato elettorale del 6 e 7 maggio a Canosa ricopre un’importanza epocale. L’esser riusciti, per una coalizione di centrosinistra, ad arrivare al ballottaggio, è un successo in sé, evento che non accadeva da più di dieci anni, da quando fu l’avv. Lomuscio a provarci e poi a vincere.
La formula dell’Ernesto c’è, ovvero l’aver rinunciato alla primarie (un metodo ritenuto un totem dalla sinistra) non senza polemiche e defezioni interne, ed aver puntato quasi tutto su un neofita della politica praticata, ha dato i suoi frutti in un contesto in cui su sei candidati sindaco solo due potevano vantare una discreta esperienza politica: la dott.sa Landolfi e l’arch. Merafina.
Elezioni strane e vissute con un tantino d’ansia alla vigilia, segnate da un calo di sette punti percentuali di affluenza alle urne rispetto a cinque anni fa. Grasso che cola per l’antipolitica, almeno quella grillina, che avrebbe potuto tentare il colpaccio ed invece ha preferito rinunciare alla sua lista a cinque stelle.
La difficoltà dei partiti era chiara e scontata fin dall’inizio, tanto da dover rinforzare le coalizioni ricorrendo ad una discreta messe di liste civiche, ritenute, chissà perché, più affidabili delle formazioni tradizionali.
Non per niente alcuni stereotipi si sono riproposti da soli, guarda caso tutti perdenti; l’antico che si ricicla sotto camuffate spoglie, dal ritorno di fiamma dei vecchi dorotei, ai fondamentalisti del berlusconismo degli albori con dispiego incredibile di mezzi tecnici e derivati del denaro in una realtà stridente, fatta di povertà e difficoltà economiche che si allargano a macchia d’olio.
L’ideona di qualcuno di rinunciare allo stipendio di sindaco in caso di elezione, non ha prodotto granché di frutti; un buco rafforzato dalla toppa della devoluzione a favore dei ceti in difficoltà, un modo piuttosto singolare di fare beneficienza, con i soldi che già sono della comunità. Hanno idea lorsignori a quanto ammonti il costo dell’assistenza sociale a Canosa?
Come sempre i ricchi si tradiscono sempre, anche quando cercano di passare per modestissimi borghesi o per finti buoni che simulano empatia, condivisione, a volte perfino sofferenza, in piedi su un palco grande almeno quattro volte quello messo a disposizione dal Comune per gli altri; per quelli che non possono permettersi la folle spesa del service (montaggio e smontaggio compreso ad ogni apparizione) per un evento che può durare al massimo cinquanta minuti. Son mancate le ballerine (e di questo me ne dispaccio), ma i nani c’erano tutti.




Andare al ballottaggio in un contesto simile facendo strame di queste fruste figurine, era un dovere morale consumato come atto d’ufficio; inevitabile come il giorno e la notte, come le stagioni o il moto del mare. E così è stato. Domenica 20 maggio si vedrà. Si parte dovendo rimontare uno svantaggio notevole (più della metà dei voti del primo turno del concorrente) e non sarà facile, anche se saranno chiamati a dover esprimere una loro scelta gli elettori che al primo turno hanno votato per altri candidati. Come è accaduto in passato, saranno loro a decidere il nuovo sindaco, magari sotto il pungolo di un segno da interpretare come il negativo di una fotografia, non in favore di qualcuno, ma contro qualcun altro, contro l’uomo messo lì da chi ha amministrato negli ultimi due lustri.
Accetteranno gli elettori ancora questo stato di fatto e terranno bordone ai giochi di Francè, o opteranno per l’alternativa? I risultati ce lo diranno, intanto consoliamoci, per quello che possiamo, con quelli del primo turno.

Ciò che non è piaciuto agli elettori è stato senza dubbio l’inusitato lungo elenco di candidati, sia a sindaco, che, soprattutto, a consigliere. E’ un film che si ripete ogni volta, alimentato dalla speranza che una lista civica serva nella misura in cui riesce a produrre voti per la coalizione, generosi portatori d’acqua la cui vita si esaurisce nel tempo di una campagna elettorale.
La prima ad aver subito questo inevitabile destino è stata la candidata sindaco Sabina Del Muro, prima a dichiararsi ufficialmente sui giornali e prima ad uscire mestamente di scena; la sua lista si è fermata a 286 voti, mentre sul suo nome son convenuti in 317, ma ciò non è bastato a consentirle di superare lo sbarramento del 3%, pertanto è rimasta fuori da tutti i giochi.
Fuori sono rimaste anche tante liste civiche o partiti minori. Non parteciperanno alla ripartizione dei seggi in Consiglio.

Partiamo dal candidato più suffragato: Sabino Caporale con 6700 voti. Ebbene, non è stato un gran successo, ha un vantaggio consistente rispetto al suo competitor, ma sconta una campagna elettorale piuttosto scialba dove a spendersi per lui è stato quasi sempre il sindaco uscente Ventola, una forma di tutela che non deve essere piaciuta nemmeno agli elettori del centro-destra, visto che la coalizione ha preso 789 voti in più del candidato sindaco. Doppio fallimento, se si considera che è saltato anche il piano B, far prendere alla coalizione almeno il 50% dei voti validi per congelare il premio di maggioranza. Si son fermati al 44,29 % e nemmeno l’aver messo su una sorta di dream-team, corroborato da altri robusti apporti, è servito. Anzi, è sicuro che tre liste civiche rimarranno a bocca asciutta: Cittadini in movimento, Movimento politico Schittulli, e Insieme per l’agricoltura. Il caso di quest’ultima è emblematico della caduta della destra. Nel 2007 rappresentò la vera sorpresa riuscendo a conquistare un seggio – quello di Pinnelli, poi diventato assessore, a cui subentrò Mantovano. Doveva rappresentare la riscossa degli agricoltori contro i politici di professione, una sorta di antipolitica rurale. Il politico fine ha però soggiogato il contadino con la scarpa grossa. L’abbraccio di Francè è stato fatale, un bacio della morte che non gli farà scattare alcun seggio e riconsegnerà il Pinnelli alla storia, lontano dai centri decisionali e dai fasti delle sagre delle percoche, come la Lega Nord, partito di lotta che diventa di governo, non più credibile quando ritorna di lotta. La sua cifra elettorale è 284, penultimo della coalizione, superato verso il basso solo da Cittadini in movimento e che in movimento resteranno ancora per molto prima di acquisire una qualche agibilità politica.

Se il problema di Caporale è stato quello di confrontarsi con se stesso ingaggiando più una battaglia contro il quorum che contro gli avversari, a sinistra si sono consumate spaccature tremende. La sfida ha avuto un che di primarie tra Ernesto La Salvia e Nadia Landolfi, e chi ne è uscito drammaticamente con le ossa rotte è stato proprio il partito del governatore: SEL. Lontana dalle celebrazioni delle Regionali del 2010, quando si classificava come prima forza a sinistra, il 2012 è all’insegna della debacle. Dopo una lotta interna furibonda che ha provocato le dimissioni di un gruppo consistente di militanti e iscritti, il commissariamento del partito, il congresso con la conferma del gruppo dirigente che l’aveva portata al commissariamento, la presentazione di un candidato sindaco poi ritirato per sostenere Landolfi, si è fermata a 304 voti, poco più di un qualche agglomerato famigliare, per loro non ci saranno consiglieri come per La Puglia per Vendola, una lista che ha rappresentato un autentico suicidio politico per la sinistra. Sarà pure con il senno di poi, ma i disegni del Grande Architetto appaiono di una raffinatezza diabolica se si dà un’occhiata ai numeri ed ai quozienti. L’idea di portare due liste che facessero riferimento entrambe all’area del governatore, aveva proprio lo scopo di spaccare quel po’ di sinistra che vi era nella coalizione di Nadia Landolfi senza rinunciare però ai suoi voti, con la fantomatica Vivere per Canosa a funzionare da specchietto per le allodole. Se infatti su SEL fossero confluiti i voti della Puglia per Vendola, avrebbe ottenuto il quarto miglior quoziente, così invece è solo settima. Il Grande Architetto ci aveva azzeccato con le liste, si è solo sbagliato con i conti del candidato sindaco: 448 in meno che gli hanno costato la possibilità di giocarsela al ballottaggio.

Dalle parti del Centrosinistra esultano, anche perché La Salvia è l’unico candidato sindaco ad aver preso più voti della sua coalizione: 3522 contro 2706, fatta eccezione per Papagna e Del Muro che si sono presentati con una sola lista. Chiaro segnale di un’indicazione precisa dagli elettori che fa ben sperare. Ma i risultati dei partiti non sono così entusiasmanti. Il PD si ferma a 1129 voti. Alle Comunali del 2002 solo i DS, partito che poi sarebbe confluito nel Partito Democratico, presero 1301 voti, a cui si aggiungevano i 983 dei DL – La Margherita. Alle Comunali del 2007, la lista unica composta da DS, Margherita, PSDI, Socialisti autonomisti, complessivamente segnarono 1618, mentre il PD scendeva a 1325 suffragi alle Regionali del 2010. Sembra di stare su un piano inclinato. Una situazione che appare ancora più critica se osserviamo la distribuzione dei voti tra le varie liste. Il PD da tempo non è seconda forza per consensi della città. Nel 2007 lo superava per una manciata di voti AN. Quest’anno secondo partito è Canosa Futura (1759 voti), terzo Io Canosa (1175 voti) e quarto il Partito Democratico. E’ l’immagine vera della società canosina questa, o esiste un problema di rappresentanza del popolo di sinistra che non si riconosce completamente nei suoi luoghi tradizionali?

Cosa accadrà al ballottaggio? Intanto si riparte da zero. Il centrodestra ha fallito un duplice obiettivo ed ora rischia. In assenza di apparentamenti ufficiali, l’eventuale vittoria di La Salvia farebbe strame dell’opposizione. A lui andrebbero 15 consiglieri, mentre il candidato sindaco Merafina – critico tanto verso la sinistra quanto verso la destra – non avrebbe voce in capitolo in Consiglio comunale, Landolfi si dovrà accontentare solo di 2, Papagna riuscirebbe solo ad eleggere se stesso, Caporale potrebbe contare solo su sei dei suoi. Se vincesse Caporale, al centrodestra spetterebbero 15 consiglieri, 3 a La Salvia, Merafina dentro, Landolfi e Papagna vedrebbero aumentare il loro bottino di una unità, rispettivamente 3 e 2 consiglieri.
Ad oggi solo 12 dei 24 sono sicuri di aver conquistato uno scranno: i candidati sindaci La Salvia, Landolfi, Papagna e Caporale, nonché Quinto e Di Fazio del PD, Sabatino di Io Canosa, il sindaco uscente Ventola, Di Palma e Petroni Maria Angela del PDL, Matarrese dell’UDC e Di Nunno Saverio della lista civica Canosa nel Cuore.

Con La Salvia sindaco si aggiungerebbero tra le file del centrosinistra: Cosimo Pellegrino, Selvarolo Sabina, Metta Giuseppe dell’IDV; Lomuscio Nicoletta, Pavone Giovanni Battista e Imbrici Fortunato della lista civica Ernesto La Salvia sindaco; Pietro Basile, Antonella Cristiani, Carmine Bucci, Antonio Capozza e Castrovilli Antonio del PD; Sinigallia e Sinesi del PSI.
La vittoria di Caporale favorirebbe le forze minori, ad iniziare da Merafina; Landolfi aggiungerebbe un consigliere ai due già sicuri: Speranza Antonio dell’API; con Papagna scatterebbe anche Germinarlo Giuseppe, mentre il centrosinistra rimarrebbe incollato al nucleo dei 3 consiglieri già eletti; dalle parti del centrodestra si aggiungerebbero Giovanni Patruno e Giovanni Colasante della Puglia prima di tutto; Lovino, Buono, Saccinto Mariacristina, Gennaro Caracciolo e Di Virgilio del PDL, Petroni Maria dell’UDC, Malcangio Sabino di Canosa nel cuore e Lombardi Carmelinda di Nuova Generazione.

Di sicuro, il fatto che si vada al ballottaggio e che Ernesto La Salvia abbia ottime chance di diventare sindaco, qualche problema lo sta creando, soprattutto tra quelli che con l’amministrazione Ventola avevano stretto ottimi rapporti e con buone ricadute economiche. Gli imprenditori edili mi sembrano alquanto preoccupati. In questi anni, di concessioni se ne sono rilasciate in quantità generosa, anche in zone sottoposte a vincoli, aggirati con le solite varianti.
Il centrosinistra già cinque anni fa fu molto esplicito sulla sua idea di città. Non lunga come con le giunte di Francè si è fatto, ma un modello corto, concentrato sulla rivalutazione del Centro Storico. E’ molto probabile che verranno frenate le concessioni per nuovi lotti, considerato l’alto numero di case sfitte, e che si punti su un modello più ecologicamente sostenibile fatto di riqualificazione, ristrutturazione, consolidamento dell’esistente. E’ legittimo attendersi che venga dato un impulso all’edilizia ecosostenibile, magari sperimentata in un qualche quartiere all’avanguardia, fatta di sistemi di recupero delle acque reflue, produzione autonoma di energia da fonti rinnovabili, nuovi materiali che consentano un maggiore isolamento termico ed una migliore vivibilità.
Se dovessero decollare progetti di questo tipo, il lavoro crescerebbe e si alimenterebbe il ciclo virtuoso dell’innovazione, l’acquisizione di know-how che potrebbe rivelarsi molto utile in prospettiva, aprendo praterie alle aziende che volessero cimentarsi.
Il problema è proprio quello. Saprà la nostra classe imprenditoriale cogliere questa occasione. Questi due lustri di governo della destra ispirati al laissez faire, allo scambio di cointeressenze, hanno educato i costruttori edili al peggio, alla rendita di posizione, ai cartelli sui prezzi delle case, all’innovazione zero, all’utilizzo di materiali al minimo, all’uso di manodopera estremamente concorrenziale dal punto di vista dei costi, un po’ meno della qualità. Sapranno compiere quel salto che occorre quando le svolte sono epocali? Probabilmente la preoccupazione con la quale osservano quanto sta accadendo, deriva da questo loro stato di incertezza, dal rischio di non trovare soggetti per loro rassicuranti, i vecchi garanti dello status quo. Avrebbero preferito, ad esempio, che la forza di Ernesto si sminuisse accettando apparentamenti che avrebbero stemperato l’eventuale impatto di una forte coalizione di centrosinistra, che va all’amministrazione e rivolta il paese come un calzino. Eventualità che fa tremare le vene ai polsi a chi da dieci anni a questa parte è sempre vissuto di posizioni di rendita.



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Pubblicato il h
Modificato il 12/12/2012 h 12:05:31

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