Fascisti !
Pubblico un contributo che ci è arrivato da Antonio Damiano su un fatto accaduto circa un secolo fa. Era il 12 dicembre del 1926 e a Canosa era avvenuto un fatto di sangue, un attentato in cui aveva perso la vita Michele Speranza e rimasto ferito gravemente Francesco Angelico. Michele Speranza era un contadino sul quale i fascisti avevano già fatto pressioni per indurlo a dirigere il sindacato, fascista, dei braccianti agricoli. Nel 1922 Mussolini aveva ricevuto l’incarico da Re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo e, dopo l’occupazione delle istituzioni, era già iniziata l’opera di fascistizzazione dell’Italia. In aprile del 1926 era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 563 – Disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro, la stessa con cui si aboliva il diritto di sciopero e si istituivano sindacati unici controllati dal PF. Quelli che non erano in linea con le direttive del PF erano privati di tutti i diritti. In questo contesto a Canosa avviene l’omicidio di Michele Speranza e il PF, forse rendendosi conto del clamore del fatto in sé, elabora e fa affiggere un manifesto che è un misto di ipocrisia, cinismo e ambiguità di cui Antonio Damiano dà conto. “Fascisti !” E’ l’esclamazione perentoria che introduce il testo del volantino che il 13 dicembre 1926, all’indomani dell’assassinio di Michele Speranza, il segretario del locale partito fascista, omonimo dell’attuale sindaco, diffuse.
Scopo del volantino non era certo quello di condannare l’infame gesto bensì quello di dissimulare invece, sotto l’apparente tentativo di attenuare la tensione che il fatto di sangue poteva scatenare, il reale intento di terrorizzare chi si opponeva al fascismo.
Il fine del vile atto fu quello di colpire chiunque intendesse ostacolare il compimento, nella specifica circostanza, di uno dei punti perseguiti dal varo delle leggi fascistissime, cioè che
“gli unici sindacati riconosciuti erano quelli fascisti;”.( n.d.r. in grassetto e corsivo si riporta
testualmente il volantino)
“Un esecrando delitto è stato perpetrato da una persona volgare a scopo di brutale malvagità: due padri di famiglia sono stati colpiti a morte sulla pubblica via”. Per la verità nel vile attentato fascista, gli atti del procedimento penale sono a disposizione presso l’archivio di stato a Trani, perse la vita Michele Speranza, mentre Francesco Angelico in fin di vita fu trasportato, non in ospedale, come sarebbe stato lecito aspettarsi dal tono del testo, ma direttamente in obitorio. Si in obitorio! perché agli antifascisti, vittime dello squadrismo, se feriti era uso in casi analoghi riservare loro l’assistenza sanitaria a condizione di abiurare la loro fede politica in favore di quella fascista. Angelico si salvò perché la sua famiglia, aveva, per fortuna, le risorse sufficienti per farsi assistere, in incognito, da medico privato.
“Tali atti nefandi, che si compiono con falsi pretesti, per soddisfare odi personali e sfruttare una qualunque situazione, hanno tutta la nostra deplorazione e devono essere severamente puniti”. Non fu un pretesto a scatenare la furia omicida bensì, i fascisti decisero di assassinare Michele Speranza perché si rivelarono vani i tentativi di altro tipo per indurlo ad accettare di organizzare e dirigere il sindacato dei contadini indirizzando questi ultimi, restii alle pressioni e minacce, ad iscriversi al sindacato fascista.
“Il fascismo, identificandosi con la Nazione, è tutela del diritto e della legge e quindi a nessuno può essere consentito di conservare mentalità sorpassate e di commettere atti turpi: non è fascista e non è stato mai tale colui che agisce inconsultamente per fini personali e tradisce i postulati del partito non può invocare alcuna protezione colui che si mette violentemente contro la legge, si sovrappone alle autorità, pretende, rompere le rigide regole di disciplina dettate dal Duce. Tutti i responsabili palesi ed occulti saranno pertanto ricercati e consegnati inesorabilmente al magistrato”. Per rendere comprensibile il livello di credibilità presente nel testo, riporto di seguito uno stralcio della relazione di inchiesta dell’Ispettore Generale di P.S. Riccardo Secchi circa i tumulti che in quegli stessi anni avvenivano a Cerignola; nella conclusione, ricavata dalla ricerca della docente di storia Simona Colarizi riportata nel testo “Dopoguerra e fascismo in Puglia 1919-1926”:
“Non posso fare a meno di dichiarare sin da questo momento , che sento il dovere della colleganza, ma sento più forte quello della difesa della nobiltà della funzione. Debbo quindi condannare e biasimare il sistema di procedere ad arresti senza prove , senza il rispetto per la flagranza e di argomentare come argomenta il Cav. De Martino” il quale era il commissario di P.S., dirigente dell’ufficio di P.S. di Cerignola,
“egli arrestava i “rossi” senza prove e non badava alla flagranza quando sorprendeva i fascisti mentre commettevano reati di ogni genere”. Nella stessa relazione dell’Ispettore Secchi si legge che l’autorità giudiziaria
”in linea confidenziale” gli diceva che
“un fascista arrestato per porto d’armi senza licenza , offre al giudice come giustificazione la tessera fascista”. “Fascisti!”
Noi siamo commossi ed addolorati pel delitto compiuto, e però tutta la classe lavoratrice abbia la sensazione precisa che noi, servi umili ed affezionati del Duce, Lui seguiamo nella marcia senza riposo verso il più grande trionfo e schiacciamo senza preoccupazione tutti i serpenti che incontriamo sulla nostra strada, avendo lo sguardo rivolto alla meta radiosa che bisogna raggiungere”. Lo sprezzante cinismo con il quale i fascisti si assumono la responsabilità dell’assassinio mascherandola da fittizio cordoglio svela che il delitto non è stato frutto di “odi personali”. Esso fu l’ammonimento vigliaccamente intimidatorio nei confronti di tutti coloro (serpenti: la classe lavoratrice riluttante) i quali avrebbero osato impedire il corso storico impresso dal fascismo.
“Fascisti!”
Chiudiamo la nostra parentesi dolorosa, serriamo le fila, ed avanti sempre obbedienti, disciplinati, pronti a tutti i sacrifizi”
Canosa 13 Dicembre 1926 Diverso il fatto per il livello istituzionale e quindi per l’esposizione mediatica prodotta, ma coincidente sul piano etico e morale con il delitto Matteotti. Mussolini con queste parole assunse la responsabilità politica del delitto Matteotti e di tutte le efferatezze fasciste di analogo stampo:
“Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!” Antonio Damiano
Sabino Saccinto Vers. pdf Pubblicato il 06/12/2023 h 20:01:39
Modificato il 06/12/2023 h 20:11:25
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