Debiti fuori bilancio 1
In questi giorni, l’Amministrazione retta da Ernesto La Salvia sta cambiando due assessori, dopo che alle dimissioni dell’avv. Princigalli è seguito, alla Polizia municipale, un interim, piuttosto lungo, dello stesso sindaco.
Allo stesso tempo, l’assessorato al Bilancio ed al Contenzioso (prima accorpato e affidato all’avv. Nicoletta Lomuscio), è stato riformato e le deleghe sono state separate. Il Contenzioso è passato all’avv. Pavone, insieme alla Polizia municipale, il Bilancio sta per essere affidato alla dott.ssa Lupu (personalità esterna alla maggioranza, già candidata con una lista antagonista a quelle del Centrosinistra). Al di là delle motivazioni (politiche o personali) che hanno indotto gli assessori a lasciare anzitempo i loro incarichi, il fatto che gli avvicendamenti abbiano riguardato la Polizia municipale, gli affari legali e quelli di bilancio, da soli spiegano l’importanza di questi tre settori. Delle questioni legate al bilancio ce ne siamo occupati in passato e continueremo a farlo in futuro, e ciò non perché su Dueparole.eu scrivano revisori di conti, economisti o pianificatori (come si alluse dalle parti del PDL), ma per una ragione molto più banale: i soldi pubblici sono soldi di tutti, e non, contrariamente a quanto taluni vorrebbero far credere, soldi di nessuno. Il cittadino ha il diritto e, se vogliamo, anche il dovere, di essere informato sul loro uso; così come deve essere consapevole di quale sia la situazione economica e di bilancio dell’ente che gestisce, per lui, servizi fondamentali. In questa serie di post troverete fatti che hanno riguardato alcuni contenziosi finiti per lo più male per il Comune, nei quali si intravedono linee d’ombra, eventi strani che possono far pensare, quantomeno, ad una gestione non particolarmente attenta delle risorse pubbliche.
Premetto, rifacendomi al bilancio, che le spese per le liti assorbono buona parte delle entrate dell’Ente, e rappresentano un elemento di criticità dei conti finora alquanto trascurato. Nell’ultimo rendiconto (quello del 2011, il 2012 verrà approvato presumibilmente a marzo 2013, e siamo tutti curiosi di vederlo), nell’intervento relativo alle prestazioni di servizio della Segreteria generale si ritrovano impegni di spesa per 1.838.065,03 euro, dei quali liquidati solo 467.889,39 euro, lasciando tra i residui passivi una somma complessiva che sfiora i due milioni di euro: 1.911.855,25 euro, per essere precisi.
Le cifre sono impietose. Di certo il compito dei nuovi assessori non sarà facile, il problema della riduzione della spesa impone una sua revisione ed un intervento deciso sugli sprechi. Riusciranno i nostri due nuovi eroi ad invertire la tendenza? Lo vedremo. Intanto osserviamo quanto accaduto in questi anni attraverso quel po’ a cui ci è concesso l’accesso. In un articolo apparso su
“La Gazzetta del Mezzogiorno” del 23 ottobre 2012 nella sezione “Lettere e commenti”, l’ex-sindaco Ventola, e attuale presidente della Provincia BAT, così scriveva:
“Ingeneroso, per non dire offensivo e tanto altro, è stato il giudizio a nostro e mio carico: affrettato? carente di elementi oggettivi e soggettivi per un giudizio consapevole? prevenuto? volutamente e pervicacemente cattivo?” , aggiungendo più in là:
“Per le ragioni di sostanza innanzi citate, 100 giorni fa ho rivolto una interrogazione al mio successore La Salvia affinché, fuori dal pettegolezzo, che mal si addice alle figure istituzionali, o delle gratuite affermazioni, si desse conto della condizione del nostro Comune nelle forme più congeniali ed affidabili, quelle scritte” , riportando tra i quesiti urgenti già posti il 14 luglio, a cui sarebbe dovuta seguire immantinente una risposta,
“se a quella data ci fossero debiti fuori bilancio da riconoscere”. A parte la curiosità di un sindaco uscente che chiede a quello entrante lo stato dei conti, effettivamente alla data di approvazione del consuntivo 2011 (18 aprile 2012) non vi erano debiti fuori bilancio dichiarati, così come è anche vero che i debiti son venuti dopo, da ottobre 2012, per cause antecedenti all’amministrazione La Salvia, seguendo un trend crescente negli anni, se si analizzano tutte le delibere di consiglio sull’argomento dal 2007 in poi.
Quello dei debiti è un capitolo rischioso nella contabilità degli enti locali, legati solitamente a spese impreviste o all’alea della giustizia per cause iniziate anni prima (a volte anche trentennali), conclusesi magari con la condanna dell’ente. E’ notoria la litigiosità che coinvolge gli enti locali in genere e i Comuni in particolare. Contenziosi per motivi importanti o banali: dal tombino trovato misteriosamente aperto sul quale qualche automobile inevitabilmente incappa, alle buche stradali o ai marciapiedi scivolosi con pedoni non molto ben in arnese che malauguratamente rovinano. Tutto materiale buono per gli avvocati, che non per niente rappresentano una voce di spesa nient’affatto trascurabile nei bilanci comunali.
Da un’indagine condotta da
Dueparole.eu sulle delibere del Consiglio comunale (il riconoscimento dei debiti fuori bilancio rientra fra le sue competenze) e riportate sul sito ufficiale del Comune di Canosa di Puglia dal 2007 ad oggi, emergono fatti abbastanza sorprendenti, per le conclusioni e anche per come certe vicende si sono evolute.
Partiamo dal primo anno del secondo mandato del sindaco Ventola, il 2007, appunto. In quell’anno, di delibere di riconoscimento di debiti fuori bilancio ve n’è una sola:
la n. 35 , dall’entità piuttosto corposa: € 189.612,58. La questione riguardava una causa intentata da tre cittadini contro Comune e Acquedotto Pugliese, persa dai due enti presso il Tribunale di Trani nel 2005, condannati all’indennizzo ed al pagamento delle spese processuali. Nonostante il Comune non fosse del tutto convinto della sentenza dei giudici di primo grado (incoraggiato dal parere del suo legale), subì l’esecutività e riconobbe un debito di € 174.398,10. Il 7 dicembre 2005, su ricorso del solo ente comunale, la Corte d’Appello accolse l’istanza di sospensione della pena per il solo Comune di Canosa - l’Acquedotto si era già dato per perso – costringendo quest’ultimo a rimborsare la cifra anticipata dal Comune ai danneggiati, per poi ricondannare, sempre il Comune, nel 2007. Risultato ne fu la restituzione all’Acquedotto della somma anticipata ed il pagamento delle spese legali a tutti. Il debito da riconoscere crebbe da € 174.398,10 del 2005, a 189.612,58 €. Al risarcimento si aggiunsero le spese per gli avvocati della parte avversa. Il Comune di Canosa non desistette e propose ricorso in Cassazione. Non sono ancora noti gli esiti.
Il 2008 è stato più movimentato rispetto all’anno prima per il numero di cause conclusesi con esito sfavorevole, anche se l’ammontare complessivo delle stesse ha prodotto meno danni di quella del 2007.
Il 27 giugno veniva riconosciuto un debito di 3.021,78 € a favore del sig. Panarelli Michele per una vicenda dai risvolti paradossali. Nel 2004, infatti, l’avv. Nigretti era stato incaricato di procedere contro il Panarelli stesso per il recupero di somme che il Comune aveva anticipato per coprire i pagamenti di otto anni di bollette E.A.A.P. dal 1993 al 2000, evidentemente mai saldate dal sig. Panarelli. Nel 2008, a distanza cioè di circa quattro anni, il Giudice di Pace di Canosa diede torto al ricorrente (non sono menzionate le motivazioni né l’ammontare della causa) e lo condannò al pagamento delle spese processuali per complessivi 3.021,78 €. Della serie cornuti e mazziati. Non solo il sig. Panarelli scaricò di fatto sulla collettività parte delle sue spese personali, ma gli eventi, e probabilmente le condotte di taluni, fecero in modo che non si riuscisse a recuperarle, per di più pagando le spese processuali. Il mistero sulla causa del mancato riconoscimento delle ragioni del Comune avvalora la tesi di chi volesse sostenere una qualche responsabilità non precisamente individuata.
Il 22 luglio dello stesso anno venne approvata una deliberazione relativa ad un esproprio ritenuto illegittimo dai ricorrenti. Sembra più una storia di abusi e di probabili errori difensivi dei fratelli De Ruvo, che di leggerezza da parte dell’ente. E’ emblematica di un periodo storico molto diverso da quello attuale, perfino invidiabile se vogliamo, quando sul finire degli anni “70 e ad inizio degli anni “80 si promosse l’edificazione di una nuova città in Zona 167, commettendo non di rado qualche abuso, come quello verso i De Ruvo che si ritrovarono privati di buona parte della loro proprietà: un esproprio non del tutto proletario.
Nella delibera si cita un decreto di occupazione del sindaco che doveva riguardare solo 3.337 metri quadrati, lo stretto necessario per costruire gli alloggi popolari, diventati poi 11.856 in fase di occupazione e misurazione, facendovi rientrare anche il mercato coperto e la viabilità. La storia, iniziata nel 1979, è giunta all’epilogo con una sentenza della Corte d’Appello di Bari del 2006, che ha condannato il Comune al pagamento di € 47.231,26 solo per le spese di giudizio, dopo che la richiesta dei De Ruvo di
“integrale risarcimento danni correlato al valore venale del suolo” era stata rigettata sia in Appello che in Cassazione.
Le cause per disaccordo tra le parti sul valore da attribuire ai terreni espropriati, rappresentano una costante per i Comuni. Nel 2010, infatti, andò a giudizio, anche in questo l’ente è stato soccombente, un altro contenzioso,
quello contro la sig.ra Giovanna Palmieri . Il tutto iniziò con una determinazione dirigenziale del 15 aprile 1999, quando venne assegnata all’impresa edile Addas s.r.l. un’area per la costruzione di alloggi economici e popolari. Tra quei terreni c’era anche una superficie di circa 1.703 metri quadri di proprietà della sig.ra Giovanna Palmieri, che non si ritenne affatto soddisfatta dell’indennità di esproprio e citò, nel 2003, il Comune davanti alla Corte di Appello di Bari. Il giudizio arrivò dopo cinque anni, nel 2008, e non fu particolarmente favorevole alla signora. La Corte d’Appello riconobbe come legittima la sola indennità di occupazione, non riconoscendo alcuna maggiorazione rispetto a quanto già concesso in fatto di esproprio. I legali della Palmieri tentarono la via dell’accordo transattivo senza addivenire ad alcuna soluzione. Alla fine furono costretti ad accontentarsi di € 15.246,28, spese legali comprese.
I contenziosi con le imprese edili sono piuttosto ricorrenti, ma
quello con la ditta Luppino , conclusosi nel 2010, ha un qual che di curioso. A quella impresa furono affidati i lavori di adeguamento alle norme di sicurezza di alcuni stabili popolari (in pratica dovevano rifare le scalinate dotandole di sistemi anti-scivolo). Il Comune avrebbe dovuto preoccuparsi della logistica, ovvero di creare tutte le condizioni acché l’impresa potesse lavorare senza intoppi, compreso prendere accordi con gli inquilini per contenere al minimo i disagi. Accadde invece il contrario: gli inquilini non accettarono quella sorta di intrusione e risultato ne fu che un affidamento del 1999 si trasformò in una citazione davanti al giudice nel 2003. I lavori non furono eseguiti e l’impresa chiese i danni: 106.035,40 € secondo il consulente tecnico d’ufficio, 30.424,78 € secondo quello di parte, 54.468,08 € più 5.313 € di spese legali e qualcos’altro secondo il giudice nel 2009. La somma venne pagata dal Comune nel 2010, dopo un atto di precetto dei Luppino. Debito fuori bilancio da riconoscere: 66.384,68 €. Il contenuto della delibera non verrà trasmesso alla Corte dei Conti, ma sarebbe stato molto interessante conoscere le responsabilità, visto che non si può dire che responsabilità non ve ne sono state a fronte di lavori mai eseguiti e di penali pagate.
Non sempre il Comune di Canosa di Puglia è stato così deciso con i suoi contendenti, ricorrendo ai vari gradi di giudizio o omettendo di pagare quanto i tribunali imponevano. E’ accaduto anche che qualcuno abbia emesso decreti ingiuntivi non a fronte di una lunga battaglia legale, ma già di primo acchito. E’ il caso dell’ASD Canosa, una società sportiva che si occupa prevalentemente di calcio, gestita da uomini vicini a Francè, l’ex-sindaco. Una storia piuttosto lunga di cui già
Dueparole.eu si è occupato qualche anno fa. La
delibera con la quale si è riconosciuto il debito fuori bilancio riguarda solo una parte della vicenda, che iniziò nel 2007, anno primo del secondo mandato di Francè: più esattamente il primo settembre, quando si riconobbe un credito a favore di ASD Canosa di 15.030 € per prestazioni a favore del pubblico, come previsto nel contratto sottoscritto tra le due parti. C’è comunque un elemento piuttosto curioso, il fatto che i rapporti tra Comune e ASD siano regolati da una convenzione di sei anni prima con un soggetto nominativamente differente dall’attuale: la S. S. Canosa s.r.l.
La somma, seppur deliberata, non venne liquidata subito, sia per indisponibilità di fondi nel relativo capitolo di bilancio, sia per un contenzioso che nacque con la società sportiva, la quale accampava un credito più che doppio (33.084,00 €), non riconosciuto dal Comune per un paio di motivi alquanto interessanti. Il primo era nella prestazione in sé, regolarmente all’incasso anche se considerata non obbligatoria dall’ASD Canosa (sorge spontaneo chiedersi in che modo e misura si determinino certi compensi e se anche quei 15 mila euro che la giunta deliberò furono congrui); il secondo è legato ad una situazione debitoria dell’ASD verso il Comune che si trascinava già da un anno, con una parte già sanata di 20.296,33 € ed una ancora pendente di 15.222,15 € (cifra piuttosto curiosa, quasi identica a quella di cui era e forse è debitore il Comune). Anche ciò che accadde dopo non è del tutto comprensibile. Il 5 febbraio 2010 al Comune di Canosa venne notificata un’ingiunzione di pagamento, la stessa passata per la sezione distaccata del Tribunale di Trani. Il Tribunale aveva giustificato 15.030 € ritenendo che la parte residua non fosse
“facilmente liquidabile sulla base di dati certi desumibili dalla prova scritta allegata al ricorso”; ASD ne aveva invece chiesti 33.084. Il 22 marzo 2010 vennero liquidati 16.576 €.
Sabino Saccinto Vers. pdf Pubblicato il 19/02/2013 h 13:51:41
Modificato il 15/01/2014 h 13:34:18
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