Il Congresso - parte 2
Le parole chiave del Congresso PD di Canosa definito vivo dal Segretario provinciale Lorenzo Marchio Rossi. Principio d’autorità. E’ la vera cifra di questo Congresso, dove tutto non è come appare, ma come qualcuno vuol farci credere che sia.
Al vertice provinciale non è proprio piaciuta l’intemerata di un post apparso su un sito locale, e la commissaria Cusmai lo ha ribadito in un paio d’occasioni. Principio d’autorità che non si limita solo ad un nemmeno tanto velato richiamo all’ordine del reprobo, ma sancisce verità, arbitrarie ma rese ufficiali nonostante le palesi contraddizioni e reticenze.
Il consigliere Suriano, ad esempio, al Congresso c’era, era presente, ma sembrava una figura shakespeariana, tormentato dai dubbi. Ha tenuto a precisare che non si è tesserato, ma rispetto a tutti gli altri tesserati ha goduto di un privilegio particolare: gli è stato concesso di parlare e lo ha fatto in rappresentanza del presidente di centrosinistra della Provincia BAT Lodispoto, una figura il cui spirito ha permeato tutta l’assise, riscuotendo omaggi, riconoscimenti e complimenti come una divinità, che non si vede né si tocca, ma la cui presenza si avverte, eccome. Cosa poi c’entri con un congresso cittadino nessuno lo sa, né tanto meno qualcuno si è peritato di farcelo sapere. Forse perché il Presidente della Provincia è una sorta di foglia di fico del PD a trazione barlettana, supportata in questo senso dal nobile decaduto andriese, di un’area (la BAT) dove il PD sta perdendo sindaci e amministrazioni?
In virtù del principio d’autorità Suriano ha diritto di parlare anche se francamente se ne percepisca poco il motivo. La Segretaria nazionale del PD, all’inizio del suo mandato, aveva definito prioritario il superamento del caciccato e manifestata avversione netta per i trasformisti. Chissà quale potrebbe essere la sua reazione se dovesse sapere che a Canosa si è affermato un caciccone bello grosso e un consigliere che non si potrebbe annoverare tra le file dei trasformisti, bensì in un qualcosa di più spinto. Il trasformista è una persona che era qualcosa e poi è diventato qualcos’altro, un passaggio, un divenire. Con Suriano si va oltre, un fenomeno che in fisica si spiega con le leggi della meccanica quantistica. Una gatto di Schroedinger in una scatola sempre chiusa. Come sta?
Gli stessi suoi sodali (quegli che gli hanno mostrato stima pubblicamente) a volte lo presentano come un consigliere provinciale PD, altre volte utilizzano la dizione più ampia di
consigliere di centrosinistra, proprio la commissaria Cusmai ha mostrato non poca confusione nel riferirsi a lui. In ossequio al principio di autorità, in combinazione con l’orwelliano bipensiero, si può perfino far finta di ignorare che Suriano è sì un consigliere provinciale del centrosinistra, ma lo è anche di destra al Comune e, al momento, non sembra avere ancora deciso se sciogliere quel nodo gordiano. E se qualcuno si permette di osservare questa semplice e banale realtà, viene considerato alla stessa stregua di un pazzo o di un disfattista, perché - come osserva la commissaria Cusmai - in un partito si sta, rispettando appunto, i ruoli e le autorità, a prescindere da chi le ricopre, da quanto ne sia degno, da quanto si cada in contraddizione. Le polemiche interne, di qualsiasi tipo, sono sempre questioni personali.
Inclusività E’ la vera parola magica di questo Congresso, ripetuta da tutti e perfino abusata. L’
inclusività, riferita ad un
partito politico, è una sorta di ossimoro. Un partito in quanto tale è portatore di idee e interessi che non possono essere condivisi dalla generalità degli individui, proprio perché di parte, sennò non sarebbe un partito. Il suo successo non si misura da quanto sia inclusivo, ma dalla misura in cui è in grado di soddisfare con efficacia i desiderata di chi vi aderisce o di quanto è rappresentativo di un’istanza, di un sistema di interessi condiviso, che rimangono, non dimentichiamolo, di una parte della popolazione.
Essere inclusivi può voler dire essere attrattivi verso altri, magari portatori di nuovi interessi. In quel caso, essere inclusivi significa anche essere disposti ad accettare un cambio, una ridefinizione delle proprie politiche per adattarle a nuove esigenze, in modo da allargare, nella migliore delle ipotesi, la propria cerchia di rappresentati, di aumentare, cioè, i consensi. Operazione non priva di rischi, che non è detto benefici al partito in termini elettorali, specie se alla fine ci si ritrova a contenere all’interno di sé interessi e aspettative non collimanti se non, addirittura, contrastanti.
Il sogno del nuovo PD a trazione silvestriana, che comunque trova non poche simpatie e consenso presso i vertici provinciali, ricorda vagamente il sogno proibito della ricostituzione di una nuova DC. Ma sembra destinato a rimanere un fatto onirico più che reale. La DC era di una inclusività correntizia e il consenso lo traeva da un beneficio regalato da quel momento storico: la contrapposizione dei due blocchi e la Guerra fredda.
Oggi l’elettorato cattolico si sente più che ben rappresentato sia nei partiti di centrosinistra che in quelli di centrodestra e addirittura, almeno la parte più conservatrice, se non reazionaria, anche tra i Fratelli d’Italia. Cito un piccolo esempio. Sul numero Maggio Giugno 2024 del giornale “Il Campanile”, edito dalla comunità parrocchiale della Cattedrale di San Sabino, apparve una nota di redazione a pag. 2 di cui vi riporto il passaggio a mio parere più interessante:
“Un breve cenno storico ci sembra doveroso, risalente a circa sei secoli a.C. nella democrazia ateniese. I politici, che per motivi diversi, avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la città, venivano puniti con l’ostracismo, un istituto giuridico che condannava coloro che si erano macchiati di reati verso la pubblica amministrazione, come diremmo noi oggi, ad un esilio temporaneo di dieci anni. Non ci sorprenda che tali comportamenti sanzionabili avvengano ancora oggi e che, quando sono accertati dalla magistratura competente e sottoposti a condanna dell’imputato, a distanza di tempo vengano “dimenticati” e i soggetti ritornino a calcare la scena politica. Non ci si meravigli, le moderne democrazie hanno, o dovrebbero avere, altrettanto efficaci rimedi per garantire ai cittadini una gestione politica volta al bene comune. Tuttavia, spetta ad ogni votante ponderare la propria scelta!”.
In quei giorni c’era stata una polemica asprissima, nata da una conferenza stampa, tra Silvestri e l’allora candidato alle Europee per FdI Francesco Ventola. Silvestri aveva rivelato l’esistenza di un’indagine in corso che coinvolgeva anche Ventola per un reato non da poco: voto di scambio nelle Amministrative di due anni prima. Scontro al calor bianco e conseguente indignazione generale. Cosa fa la Chiesa con il suo giornale? Non solleva eccezioni di eleggibilità per il candidato sottoposto ad indagine (il termine candidato nasce nell’antica Roma quando chi si proponeva per cariche di rilevanza pubblica indossava un abito bianco a segno della propria pulizia e rettitudine morale) ma, a giudicare dal testo, lo difende dall’attacco di un altro che candidato non è, ritenendolo in qualche modo indegno per i suoi trascorsi passati. E come giudicare la chiosa finale, con quel punto esclamativo bello forte, con l’esortazione ad ogni votante a ponderare la propria scelta dopo aver indicato, nei periodi precedenti, quale fosse l’autentica pietra dello scandalo? Scherzo da prete o segno che la mitica unità dei cattolici in politica non esiste più e con essa, forse, è andata a farsi benedire anche l’inclusività?
Sabino Saccinto Vers. pdf Pubblicato il 22/01/2025 h 11:32:56
Modificato il 22/01/2025 h 11:36:34
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