Aggressioni di agosto
Accade la sera del primo agosto a Canosa, al Lunapark. Una decina di teppisti si avventano contro un ragazzo con disabilità uditive, colpevole di aver sventato il furto del cellulare di suo fratello. Il ragazzo finisce in ospedale. Il sindaco, in una dichiarazione del 5 agosto, se la prende con i suoi concitadini, tacciandoli di codardia. Se gli esecutori materiali dell’aggressione ad un ragazzo con problemi uditivi, avvenuta la sera del primo agosto, a distanza di sei giorni non sono ancora stati assicurati alla Giustizia, il sindaco di Canosa di Puglia avv. Roberto Morra ha già individutao i responsabili morali:
i canosini. Così sembra, a leggere le sue parole in un comunicato stampa del 5 agosto. Preso da quella malattia che colpisce sempre più spesso i politici, la “dichiaratite”, non attende ad esternare il suo pensiero, e lo fa nel momento stesso in cui va a trovare l’aggredito in ospedale (azione doverosa per un sindaco) ed a margine di un servizio che il TG5 trasmette all’ora di pranzo di martedì 6 agosto, creando più di una incertezza nella ricostruzione dell’accaduto.
Se è acclarato che il ragazzo sia stato malmenato pesantemente da un gruppo di una decina di persone - una gang per qualcuno - di teppistelli o delinquenti consumati; se è certo che stesse difendendo suo fratello da un tentativo di furto o di rapina di un cellulare; se è un dato acquisito che nessuno dei passanti sia intervenuto, non è chiaro quanto si racconta circa la presenza ed il successivo intervento degli agenti di una polizia privata: la Vegapol.
Secondo il resoconto che ne fa la Gazzetta del Mezzogiorno, gli agenti della Vegapol, sicuramente gli unici ad indossare una divisa quella sera in quel posto, si sono comportati quasi da eroi. Hanno cinto il corpo del ragazzo finito a terra in una pozza di sangue ed hanno evitato che il branco continuasse ad infierire, provocando magari lesioni ancora più gravi di quelle riportate. Il resto, poi, è ordinaria amministrazione: l’intervento della Polizia di Stato quando ormai gli aggressori se l’erano già data a gambe levate, il trasporto in ambulanza al primo ospedale disponibile. Il TG5, invece, ci offre una ricostruzione molto meno dettagliata. La Vegapol non la menziona affatto. Stranamente, questa ricostruzione combacia perfettamente con le dichiarazioni, forse un tantino avventate, del sindaco Morra. Magari una qualche nota di ringraziamento per un corpo di polizia privata che sempre più spesso svolge compiti di supplenza ci sarebbe pure stata, ma l’avv. Morra glissa, forse perché riconoscere i meriti di un soggetto privato in quel contesto equivale ad ammettere le proprie inefficienze. Preferisce, il sindaco Morra, far passare per pusillanimi i suoi concittadini, almeno quelli che hanno visto e non sono intervenuti, magari perché terorizzati. Non dev’essere un’esperienza piacevole, del resto, avere a che fare con una decina di energumeni organizzati in banda che malmenano un poveraccio che ha solo resistito ad un tentativo di furto. Magari tra quei pusillanimi additati dal sindaco Morra ci sono anche ragazze, bambine, giovani pacifici non particolarmente adusi alla violenza che, secondo il loro sindaco, avrebbero dovuto buttarsi nella mischia menando come fabbri. E’ lo spirito del tempo, la privatizzazione della sicurezza che tanto piace a Salvini, il cittadino poliziotto che si difende e difende i più deboli, il giustiziere all’ocorrenza, la scempiaggine elevata a pensiero forte. Ma Morra non si limita ad esprimere “sdegno” per chi è rimasto fermo magari spaventato. Come un colonnello deluso dalla sua truppa accusa tutti di codardia. Per sovrammercato considera anche il caso, probabile secondo lui, del filmaker che riprende con il cellulare la scena di violenza, del cinico avido di orrore, dello psicopatico sadico che la vista del sangue eccita, chiedendone perfino la collaborazione, che si faccia testimone consegnando le immagini alle Forze dell’ordine.
Le Forze dell’ordine, già, dov’erano? Chi, al Comune, teneva i cordoni della sicurezza in quei giorni di festa? E i Vigili urbani, direttamente al comando del sindaco, dov’erano in quei giorni? Come mai in un’area tradizionalmente a rischio come quella di Piano S. Giovanni, dove in passato proprio nei giorni della Festa patronale qualcuno ha pensato bene di sparare colpi non di pistola, ma addirittura di non meglio identificati fucili mitragliatori, non vi era alcun presidio, anche se è lì che si concentra la gran parte del caos?
Il sindaco fa spallucce. Si augura che in futuro
“venga meglio presidiata la zona delle giostre da parte delle forze dell’ordine”. Una riflessione piuttosto impegnativa, specie se fatta con il senno del poi. Cosa vuol dire? Che la colpa è del Prefetto che non ha capito per tempo dove si annidavano i rischi maggiori? Ma l’ordine pubblico, almeno in occasione di grandi manifestazioni, non è sinonimo di collaborazione tra le autorità locali e quelle di governo? O siamo rimasti ad una interpretazione puramente burocratica della sicurezza che si esercita semplicemente adempiendo ad un minimo sindacale di prescrizioni? Eppure un sindaco che conosce la sua città dovrebbe sapere quali sono i punti sensibili, quelli critici. E in questo senso offrire la sua preziosa collaborazione a Prefetto o Polizia in modo da prevenire tali fenomeni, piuttosto che criticare i suoi cittadini dopo che i fatti sono accaduti. Già, la seconda grande malattia che miete vittime a ripetizione di questi tempi: la “grillite”, ovvero la sensazione di essere diversi, perfetti a prescindere e come tali non migliorabili.
Sabino Saccinto Vers. pdf Pubblicato il 07/08/2019 h 22:54:03
Modificato il 08/08/2019 h 13:31:25
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